Aspetti problematici nella produzione di tessili: Per la coltivazione del cotone è necessaria moltissima acqua. In linea generale, lo sbiancamento, la tintura, la stampa e l’impregnazione dei tessuti richiedono una notevole quantità di sostanze chimiche. Le fibre sintetiche a base di materie prime fossili inquinano l’ambiente: gran parte finisce infatti nei mari sotto forma di microplastiche. A ciò si aggiungono le lunghe distanze di trasporto, poiché i tessuti sono spesso prodotti in Paesi a basso costo di manodopera e in condizioni di lavoro miserabili.
Inoltre, i cicli di vita nel settore della moda sono sempre più brevi: in passato c’erano una collezione estiva e una invernale, punto. Oggi le grandi maison di moda lanciano sul mercato fino a 24 collezioni ogni anno. Questa «fast fashion» contribuisce a far sì che gli indumenti finiscano nei rifiuti ancora più rapidamente. Ne sono responsabili anche la tecnologia, attraverso il commercio online, i social media e l’influencer marketing. D’altra parte, l’innovazione tecnologica può anche contribuire sostanzialmente alla soluzione.
Perché qualcosa si muove nell’industria tessile: nei giovani designer e nel popolo dei consumatori si sta sviluppando una resistenza contro la moda usa e getta a basso costo e i suoi effetti dannosi. Il movimento dei «Fashion Changers» sostiene la «slow fashion», ovvero consumare meno moda e scegliere piuttosto moda di qualità, che dura a lungo e che è prodotta in condizioni eque e sostenibili dal punto di vista ambientale. In Svizzera, l’iniziativa «Sustainable Textiles Switzerland 2030» intende cambiare il settore tessile in modo sostenibile.
Al centro c’è l’economia circolare: invece di finire nella spazzatura, i prodotti tessili dovrebbero essere utilizzati il più a lungo possibile e poi riciclati. Il corretto ciclo dei vestiti è ancora agli albori. Le tecnologie innovative possono contribuire a realizzarlo:
- Zero-Waste-Design: le macchine da taglio automatizzate e le stampanti 3D assicurano che, già nell’operazione di taglio, non si producano scarti di tessuto.
- Smart Factories: sensori e sistemi di controllo digitali calcolano esattamente la quantità di materiale necessaria. Per evitare lo spreco di risorse.
- La biocouture punta su tessuti prodotti da rifiuti organici, batteri, lieviti, alghe e funghi.
- Con l’upcycling dai rifiuti tessili si ricava qualcosa di nuovo e di alta qualità: i vecchi indumenti inutilizzabili vengono scomposti nei loro più piccoli componenti chimici mediante processi biotecnologici e poi ricomposti, per esempio in coloranti tessili ecologici o pelle vegana.
- Le microfactory sono mini-fabbriche completamente automatizzate che producono abiti in piccole serie: solo la quantità che viene poi acquistata.
- L’Intelligenza Artificiale (IA) può aiutare a prevedere con maggiore precisione il fabbisogno e quindi a ridurre la sovrapproduzione e gli sprechi.
- Con il loro avatar nel camerino virtuale, i clienti possono provare comodamente a casa come starebbe loro un capo di abbigliamento, nella speranza che ci siano meno resi nel commercio online. A questo proposito, la popolazione svizzera è un inglorioso campione in Europa: un pacco su tre viene restituito.