Universo e spazio

Alla ricerca dei pianeti extrasolari

Planète, vue d'artiste

Un pianeta da qualche parte nell'Universo. Immagine: Magann/CanStockPhoto

Due astrofisici dell'Osservatorio di Sauverny, in Svizzera, sono stati insigniti del Premio Nobel per la Fisica 2019 per la scoperta del primo pianeta extrasolare. Come hanno scoperto questi pianeti che ci fanno sognare altre "Terre" abitabili?

La prima scoperta di un pianeta extrasolare

Nell'ottobre 1995, due astrofisici dell'Università di Ginevra, Michel Mayor e Didier Queloz, hanno scoperto un pianeta in orbita attorno a 51 Pegasi, una stella della nostra galassia, che hanno chiamato 51 Pegasi b. Questo pianeta è molto caldo (circa 1000°C) perché si trova molto vicino alla sua stella (vi orbita in soli 4 giorni!) ed è circa la metà della massa di Giove, il nostro pianeta più grande. È classificato come gigante gassoso, il che è piuttosto incredibile perché - a differenza dei pianeti gassosi del nostro sistema solare - è molto vicino alla sua stella.

Come hanno fatto ad osservare questo pianeta?

Coronografia

Esempio di una coronografia. La stella Beta Pictoris (cerchio bianco sotto il disco nero) è stata mascherata per distinguere il piccolo pianeta sulla sinistra. Immagine: Osservatorio Europeo Australe (ESO)

Un modo per trovare i pianeti extrasolari, cioè quei pianeti che non orbitano attorno al Sole ma orbitano attorno ad altre stelle, sarebbe quello di utilizzare strumenti visivi, telescopi molto potenti. Il problema è la stella attorno alla quale ruota questo pianeta è troppo luminosa per vedere i suoi pianeti: ci abbaglia e li nasconde.

Una delle tecniche attualmente utilizzate è la coronografia. È stata inventata per osservare la corona solare creando l'effetto di un'eclissi totale. Questa tecnica consente di attenuare la luminosità della stella. La sua versione migliorata ci permette di osservare non solo la corona della stella, ma anche il suo ambiente.

Gli scienziati hanno sviluppato altre strategie che consentono l'osservazione indiretta:

Il metodo del transito

Illustrazione del metodo del transito nella ricerca di nuovi pianeti extrasolari. Immagine: Sanao/Wikimedia Commons, licenza CC

 

Il metodo del transito: se un pianeta che passa davanti alla sua stella è per caso allineato con la Terra, provoca una diminuzione della luce che ci arriva dalla stella (la nasconde un po', è una specie di eclissi parziale) che può essere rilevata e misurata. Questo permette di determinare le dimensioni del pianeta, perché più nasconde la stella, più è grande (per una certa distanza). Possiamo anche scoprire un'importante proprietà del pianeta: la composizione chimica della sua atmosfera.

 

Il metodo della velocità radiale

Diagramma che spiega il funzionamento del metodo della velocità radiale. Immagine: European Southern Observatory/Wikimedia Commons , licenza CC

Il metodo della velocità radiale: quando i pianeti ruotano attorno alla loro stella, fanno muovere la stella per effetto della gravitazione (la loro massa provoca il movimento per attrazione). Quando osserviamo la stella dalla Terra, è come se la stella oscillasse e facesse piccoli movimenti da una parte e dall'altra. Gli astronomi sono in grado di misurare le variazioni della lunghezza d'onda della luce emessa dalla stella utilizzando un dispositivo chiamato spettrografo, e quindi di registrare questi movimenti. Questi movimenti dipendono dalla massa dei pianeti, che gli astronomi possono così stimare.

Combinando questi metodi, è possibile determinare le dimensioni (transito) e la massa (velocità radiale) di questi pianeti e dedurre la loro densità, nonché stabilire se sono rocciosi o gassosi.

Un pianeta scoperto ma mai visto!

Michel Mayor e Didier Queloz hanno utilizzato il metodo della velocità radiale. Non hanno mai visto il pianeta che hanno scoperto con i loro occhi. I due astrofisici hanno misurato le sue variazioni di velocità utilizzando uno spettrografo da loro sviluppato. Questo dispositivo è stato collegato a un telescopio situato nell'Osservatorio di Haute-Provence in Francia. Questo spettrografo riceve e analizza la luce concentrata della stella (il cosiddetto spettro della stella). È come un prisma che scompone la luce bianca nei colori dell'arcobaleno.


Se la stella si muove perché attratta gravitazionalmente da un pianeta, i colori percepiti dalla Terra saranno leggermente alterati. Riceveremo onde più rosse se si allontana da noi (frequenza d'onda più bassa) e onde più blu se si muove verso di noi (frequenza più alta). Questo fenomeno è chiamato effetto Doppler.

Una curva che rappresenta un modello matematico della velocità della stella ha permesso di conoscere la massa del pianeta che orbita attorno alla stella e la sua periodicità (quanto tempo impiega per orbitare attorno alla stella). Si trattava di una prova molto forte della presenza del pianeta extrasolare.

Un premio Nobel ventiquattro anni dopo

Per decidere quale stella osservare, gli astronomi hanno compilato in anticipo un catalogo di stelle simili al nostro Sole, attorno alle quali sarebbero potuti orbitare dei pianeti, tra i 200-400 miliardi di stelle della nostra galassia. Pegasi 51 è la stella attorno alla quale orbita il pianeta che hanno scoperto nel 1995 e per il quale hanno vinto il premio Nobel nel 2019. Il pianeta è stato originariamente chiamato Pegasi 51b (dal nome della sua stella, questo è il nome utilizzato tuttora dagli astronomi) e successivamente rinominato Belerephon. Belerephon è un gigante gassoso e non potrebbe essere abitabile perché troppo vicino alla sua stella. La grande ricerca di pianeti extrasolari è stata spinta da questa scoperta. Ad oggi ne sono stati identificati più di 5000. Ma non si sa se ce ne siano di simili alla Terra che potrebbero ospitare la vita.

Per scoprire perché studiamo questi pianeti e che cosa possono dirci leggete l'articolo "Cosa sono i pianeti extrasolari?".


Testo: Redazione SimplyScience.ch

Fonti: Wikipedia, "C’est pas sorcier : les exoplanètes", dossier di RTS "À la découverte des exoplanètes"

Ultima modifica: 27.05.2020
Creato: 29.05.2022
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